
Immediata è arrivata anche la difesa dei parlamentari, secondo i quali i dati includono anche pubblicità e pop-up, e quindi non si tratta di tentativi deliberati di accedere a siti a contenuto sessuale. Una spiegazione che sarebbe di per sé convincente, se non fosse che pochi mesi fa un'altra ricerca aveva messo in luce come i parlamentari e il loro staff sprechino migliaia di ore l'anno consultando Facebook (3 milioni di accessi al mese sul network del Parlamento, 300 volte più degli accessi registrati al sito della BBC), giocando con computer e tablet, piazzando scommesse sul Web, facendo shopping online e perfino scaricando illegalmente musica da siti come Grooveshark.