Non si ferma l'onda lunga dello scandalo Datagate. Dopo la lunga sequela di minacce, provocazioni e avvertimenti, un nuovo controverso episodio rischia di gettare un'ombra pesante sull'operato del governo britannico. A finire al centro del mirino questa volta è David Miranda, il compagno del giornalista Glenn Greenwald che per primo pubblicò le rivelazioni della talpa Edward Snowden. Lo scorso 19 agosto il 28enne brasiliano è stato fermato e trattenuto per nove ore dalle autorità britanniche nell'aeroporto londinese di Heathrow. Secondo quanto riferito dai vertici della polizia, il fermo è avvenuto in linea con quanto previsto dall'articolo 7 del cosiddetto "Terrorism act": la legge, ambigua e spesso contestata, consente infatti alla polizia di trattenere e perquisire, senza precedenti autorizzazioni, individui sospettati di legami col terrorismo per un massimo di nove ore. Un fermo condotto a norma di legge, dunque. Ma ciò non è bastato a frenare le polemiche. David Miranda è stato fermato intorno alle otto di mattina ed è stato rilasciato soltanto alle cinque del pomeriggio: nel mezzo, un lungo interrogatorio e la confisca di cellulare, computer, telecamera, DVD anche di vari videogiochi. "Sono stato interrogato su tutta la mia vita" ha dichiarato lo sfortunato protagonista della vicenda che subito avviato un'azione legale contro l'Home Office, il ministero dell'Interno britannico. Miranda ha accusato le autorità del Regno Unito di aver assecondato le richieste degli Stati Uniti di intimidirlo e costringerlo a rivelare la password del computer e del cellulare: "Mi hanno minacciato tutto il tempo, dicendomi che mi avrebbero messo in prigione se non avessi collaborato". Glenn Greenwald ha definito la vicenda "un grave attacco alla libertà e al processo di raccolta di notizie". Inoltre, ha aggiunto, "le azioni del Regno Unito sono una seria minaccia a tutti i giornalisti". Il Guardian e l'opposizione laburista si sono subito schierate a difesa di David Miranda. Scotland Yard, dal canto suo, ha definito "legalmente corretto" il ricorso al Terrorism act. Considerazioni simili arrivano poi dall'Home Office: "Se la polizia crede che un individuo sia in possesso di informazioni rubate molto sensibili, che potrebbero aiutare il terrorismo, allora deve agire e la legge offre un quadro giuridico per farlo".
GC
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